“Improvvisazione 26” di Vasily Kandinsky

Improvvisazione 26 di Vasily Kandinsky fa parte di un gruppo di opere chiamate “improvvisazione”, parola derivata dalle composizioni musicali. Il dipinto, attualmente conservato nella Städtische Galerie di Monaco, è un mirabile esempio di pittura astratta.

L’ astrattismo è  una corrente artistica, nata dei primi anni del ‘900, che, rinunciando a riprodurre la realtà, portò alla scomparsa dell’oggetto ed alla valorizzazione del colore. Kandinsky infatti si pone il problema della luce e dello spazio in rapporto al colore e alle forme in movimento, mantenendo un’ astrazione assoluta, priva di ogni contenuto naturalistico.

Ogni colore ha un significato preciso, legato a determinate emozioni, per cui ha una funzione espressiva e simbolica, che esprime l’emotività dell’artista e contemporaneamente suscita delle emozioni nello spettatore.

Secondo  gli esponenti dell’astrattismo, come la musica anche l’arte non deve avere un substrato materiale e tangibile, ma deve coinvolgere gli spettatori.

Kandinsky quindi, con i colori che usa come suoni, vuole mettere “in vibrazione” l’animo dello spettatore, comunicandogli una serie di sensazioni psicologiche e forze spirituali in opposizione, che sono rappresentate dai colori caldi e freddi.  

Dal dipinto emerge infatti il contrasto tra la vitalità / la gioia di vivere (sottolineata dai colori luminosi, come il giallo) e l’angoscia (rappresentata dai tratti neri, decisi come la lama della ragione, che quasi si impongono e disturbano la gioia di vivere ). 

In Improvvisazione 26 può anche essere visto lo slancio verso l’eterno, l’infinito, che comunque rimane a livello di aspirazione a causa dell’impotenza dell’uomo, sottolineata dal colore nero, dalla tensione tra la figura stilizzata, in basso a destra e la parte alta del dipinto. 

Attraverso la sua pittura astratta Vasily Kandinsyci fa sentire perciò la musica di una fuga verso l’infinito e l’estasi, frenata però in questo dipinto dalle solide linee nere, che rappresentano i remi , con cui l’artista può sempre ritornare a terra.

Giuseppe Tarditi