Il treno nella pittura della seconda metà dell’ ottocento

Immagine presa da Wikipedia:  Claude Monet, Il treno nella neve. La locomotiva,  1874-75, Musèe Marmottan di Parigi

Il treno fin alla sua comparsa, all’inizio dell’ottocento,  ha alimentato l’immaginario collettivo e soprattutto   la fantasia e la creatività degli artisti. Visto per lo più come simbolo di  progresso e di speranza, ha suscitato profonde  sensazioni ed ha spesso esercitato un fascino intramontabile.

Lo possiamo vedere in Pioggia, vapore e velocità(1844), dove  Turner ha dipinto il primo treno a vapore inglese che sfreccia sul ponte di ferro sul Tamigi. Il movimento dell’aria, prodotto dalla velocità del convoglio, unito alla pioggia ed al vapore, favorisce la creazione di un’atmosfera rarefatta, di grande effetto emotivo e di particolare impatto visivo.

La velocità, i vapori, i fumi, le luci hanno suscitato anche  in Monet una varietà di emozioni. Rimaniamo incantati e rapiti osservando, per esempio, il suo dipinto,  Il treno nella neve. La locomotiva (1874-75). Le linee dei binari e della staccionata, che arrivano fino al nostro punto di osservazione, ci danno l’impressione di far parte della scena, di essere lì dentro al quadro, di rimanere affascinati dai fari del treno che appaiono prepotentemente nella nebbia. 

Le carrozze sembrano indistinte, come lo sono i passeggeri, delle piccole macchie imprecise e sfuocate sullo sfondo del quadro. Li osserviamo solo in un secondo momento, perché siamo rapiti dalla stessa suggestione di Monet all’apparire del convoglio. Nonostante l’atmosfera di un grigio giorno invernale, la scena appare viva ed ha qualcosa di magico. Lo si deve all’uso sapiente del colore da parte dell’artista, agli effetti cromatici ed  ai riflessi che la  luce produce sulla neve e sui vari elementi della realtà.

E che dire di quell’ atmosfera di tipo  turneriana che Monet è riuscito a trasmettere in  La Gare Saint-Lazare (La stazione di Saint-Lazare)!

Immagine presa da Wikipedia: Claude Monet, La stazione di Saint-Lazare, 1877, Museo d’Orsay di Parigi

Le strutture architettoniche sono appena accennate, perché all’artista interessava far risaltare l’atmosfera rarefatta dell’ interno della stazione. Ne scaturisce un quadro vivo, brillante, in cui Monet, grazie al contrasto tra colori complementari, ha riprodotto  l’effetto dei riflessi della luce sotto la grande tettoia della ferrovia, intrisa dii vapori e di fumi. Con piccoli tocchi di azzurro, giallo arancione ha creato delle  trasparenze, dove i palazzi sullo sfondo ed i personaggi sui marciapiedi appaiono e spariscono, cambiando continuamente.

L’ invenzione del treno, però, non sempre è stata vista con ammirazione ed entusiasmo. Non dimentichiamo la visione conservatrice dello stesso Carducci, poeta in auge all’epoca. Nell’ode Alla stazione in una mattina d’autunno il treno non è più il simbolo del progresso, ma è l’empio mostro (v.33), emblema dei pericoli dell’industrializzazione che mette in discussione i valori dell’uomo ( Già il mostro, conscio di sua metallica/anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei/occhi sbarra; immane pe ‘l buio/itta il fischio che sfida lo spazio,vv 29-32).

Ad altri, come ad Honoré Daumier, non interessava esaltare la tecnologia, quanto l’altra faccia della modernità che è rappresenta dal vissuto drammatico della classe sociale più povera.

Immagine presa da Wikipedia: Honoré Daumier, Il vagone di terza classe, 1862-1865, National Gallery of Canada di Ottawa

Lo vediamo nel suo quadro Il vagone di terza classe (1862-1865, conservato al National Gallery of Canada di Ottawa), dove, nella penombra di un vagone affollato, l’artista raffigura varie persone ammassate (sensazione acuita dallo sfondo scuro) e sedute su dure panche di legno. Sono stanche, dal volto  inespressivo e con  lo sguardo perso nel vuoto, quasi rassegnate alla loro misera vita. Dai finestrini appare un paesaggio monotono dai colori opachi che contribuiscono ad accentuare il generale clima di sconforto.

Particolare risalto viene dato a quelle figure che l’artista ha voluto dipingere in primo piano, rendendole  paradigmatiche della triste condizione dei più sfortunati: dalla giovane che allatta il suo piccolo, alla contadina dalle mani nodose, al ragazzo che dorme già stremato dalla fatica, nonostante la sua giovane età.  La loro tristezza e miseria è accentuata dal contrasto con dei personaggi borghesi ( caratterizzati dal cappello a cilindro), che appaiono  indifferenti ed estranei alla loro condizione.

Da bravo caricaturista Daumier ha reso  i suoi personaggi molto espressivi grazie ad  un disegno vigoroso e ad una scelta cromatica che si basa principalmente sugli effetti del chiaro-scuro.

Per non parlare poi del quadro di Giuseppe De Nittis, Passa un treno (realizzato prima del 1880 e  conservato alla Pinacoteca De Nittis di Barletta), dove addirittura appare una sorta di indifferenza, quasi di fastidio nei confronti di questa innovazione. E’ una sensazione evocata molto bene anche dall’uso, nel titolo, dell’articolo indeterminativo, un , che indica un qualcosa di  generico e di indefinito.

Immagine presa da Wikipedia: Giuseppe De Nittis, Passa un treno, 1880, Pinacoteca De Nittis di Barletta

In questo quadro il simbolo del progresso viene rappresentato in un ambiente spoglio, anzi non viene neppure raffigurato, ma viene fatto  immaginare dallo  sbuffo  di fumo bianco, che si  espande trasversalmente sui campi. E questa scia bianca rende ancora più desolato ed inospitale quel paesaggio, reso già triste dal grigio di un cielo plumbeo e dai colori scuri dei campi. 

La rappresentazione del fumo, di ciò che è inconsistente ed evanescente, è particolarmente allusiva: segna infatti il passaggio di qualcosa che svanisce senza lasciare traccia.

La linea dell’orizzonte divide il quadro in due parti: in alto appare un cielo grigio, nuvoloso, tipico di una giornata invernale, ed in basso dei campi con pochi alberi spogli. In primo piano, a sinistra, sono raffigurate due contadine  chine, di spalle, impegnate nel loro lavoro  ed indifferenti al passaggio del treno.

Giuseppe De Nittis si è staccato dallo stile incompiuto dell’impressionismo, per avvicinarsi al  realismo, di cui ha condiviso l’interesse per il minimo dettaglio che ha saputo rendere con pennellate accurate e sottili. Possiamo notare anche in questo quadro con quanta attenzione abbia dipinto il paesaggio e con quanta cura abbia raffigurato la naturale postura delle donne, i loro abiti da lavoro, i particolari del grembiule e del fazzoletto, legato alla testa, della donna di destra.

Noemi Di Gioia