Correggio: la sua pittura a Parma

Antonio Allegri detto il Correggio (Correggio, 1489 – Correggio, 5 marzo 1534) ricevette l’incarico di dipingere il coro e la cupola del Duomo di Parma nel 1522.

Immagine presa da Wikipedia

Il soggetto della cupola è l’Assunzione della Vergine che sale verso il Figlio pronto ad accoglierLa, accompagnata da un vortice di angioletti, santi e personaggi religiosi.  Fra la moltitudine di Apostoli, di Santi e di altri personaggi religiosi che circondano l’Assunzione, tra cui Adamo ed Eva, Davide, Abramo ed Isacco, Correggio dipinge gli Angeli musicanti. Sono delle  creature angeliche che suonano strumenti che vanno dal flauto dolce, alla viola e al tamburello.

Formatosi in ambito emiliano e poi a Mantova presso l’ormai anziano Mantegna, Correggio nel Duomo di Parma coniuga la meditazione sullo sfumato leonardesco con il morbido senso del colore, giocando al contempo con un virtuosismo prospettico che verrà amato, successivamente, dalla pittura barocca.
L’ Assunzione, per il Correggio, è una vicenda corale e grandiosa, dove le figure degli angeli, spogliate della loro individualità, hanno la funzione di accompagnare l’Assunzione in un tripudio di movimenti festosi, dai colori delicati e accoglienti tipici dell’autore, atti stavolta ad evocare l’idea del Paradiso.
Da ottobre 2008 a gennaio 2009, in occasione delle celebrazioni del Correggio nella città di Parma, è stata data la possibilità di ammirare da vicino l’affresco, salendo, attraverso delle scale metalliche costruite ad hoc, fino ad una piattaforma posta ad otto metri dalla cupola. Da quella posizione si può apprezzare tutta l’intensa carica suggestiva del capolavoro .

Da vicino i personaggi sono enormi, d’altronde è normale: la scena è fatta per essere comprensibile dai fedeli a terra. La prospettiva e la luce hanno un qualcosa di unico. Il modo con il quale Correggio sa usare i chiaroscuri è considerato un “punto di non ritorno”, cioè la tecnica del Correggio rappresentava l’apice, dal punto di vista artistico, per la pittura rinascimentale.
A pochi centimetri di distanza si possono osservare i dettagli dei dipinti: l’erbetta che cresce accanto ai giganteschi apostoli, le fiaccole accese, la ritrattistica dei volti nel vortice di angeli, insomma, un Correggio non solo legato alla iconologia religiosa, ma anche vicino alla natura umana. 

Si nota l’espressione corrucciata dell’angelo che sostiene la Vergine tra le sue vesti e che sembrerebbe stonata in questo tripudio di festa e di gioia, ma che denota il realismo ed il naturalismo del pittore nel far sentire, attraverso lo sforzo dell’angelo, il peso del corpo della Vergine Maria, non solo creatura astratta, ma reale, anche nella sua sensibilità per i sentimenti e la fatica umana. Nella coralità della scena il pittore non dimentica infatti i sentimenti dell’individuo.
Ma quello che si riesce a cogliere forse meglio è l ‘armonica e coinvolgente commistione di sacro e profano, di mondo spirituale e carnale che è forse uno dei tratti principali del pittore di Correggio. In particolare la carnalità trova l’esaltazione negli incarnati , nella dolcezza degli sguardi e rotondità delle forme, soprattutto degli angeli che perdono la loro individualità in questa festa gioiosa. Addirittura un angelo è girato in modo che non si vede neppure il volto ma solo il corpo. Per la sua nudità, evidenziata in modo così “scandaloso”, almeno per quei tempi, la figura è stata posizionata in un punto che non poteva essere visto dal popolo durante le funzioni ma solo dai celebranti.
Il soggetto religioso diventa quasi un pretesto per mischiare l’esaltazione della spiritualità, attraverso un vortice di luce che trascina verso un cielo luminoso l’umanità, guidata dalla figura della Vergine Maria verso cui il figlio quasi si precipita per abbracciarla. . Questo movimento, armonico e corale verso l’alto, dell’umanità, guidata da Maria Vergine e quello quasi scomposto del figlio, che si precipita verso la Madre, potrebbe essere visto come una sintesi dello spirito religioso di quest’umanità salvata e l’irresistibile forza della natura che spinge il Figlio, che si è incarnato, verso la madre.
La stessa tecnica pittorica e le stesse caratteristiche sono evidenziabili nella celebrazione di S. Giovanni Evangelista, che è il tema dell’affresco della cupola, eseguito precedentemente nel 1520-21, nella chiesa dedicata proprio a S. Giovanni.

L’identificazione del soggetto rappresentato è piuttosto complessa: se lo schema iconografico sembra far pensare all’ ascensione del Redentore, in realtà lo svolazzare dei panneggi dimostra che il movimento di Cristo è discendente e non ascensionale, difatti é diretto verso la figura di S. Giovanni, steso sul cornicione della cupola, al di sotto del cerchio degli apostoli e rappresentato negli istanti precedenti la sua morte. Nei pennacchi sono dipinti i Padri della Chiesa accoppiati agli Evangelisti e nei sottarchi le figure monocrome di eroi biblici.
Concordemente oggi si pensa che le figure adagiate sul cornicione siano identificabili con gli apostoli; l’unico veramente sicuro però è quella di S. Pietro, in quanto è stato rappresentato con le chiavi nella mano destra.
L’impianto prospettico della volta è dato da una struttura libera da motivi architettonici, in cui l’illusione spaziale è realizzata interamente con una deformazione dovuta alla visione prospettica, attraverso la rappresentazione dei cosiddetti apostoli che circondano Cristo, che va dal basso verso l’alto. La novità quindi consiste nel fatto che Correggio, liberando le immagini da qualsiasi sostegno architettonico, offre nella cupola di S. Giovanni la visione dell’infinità del cielo rappresentando le figure a scala su delle nubi luminose. Quest’ultime non appaiono stilizzate e vaporose, come sarebbe stato logico aspettarci, ma presentano la corposità più del masso uniforme e privo di variegature, quasi a sostenere e a sottolineare tutto il peso dei corpi.

Altrove anche le vesti ed i pannelli degli altri probabili apostoli sembrano delle masse uniformi piuttosto che delle vesti leggere, tratteggiate nel loro movimento di adattamento sottile e di copertura dei corpi, quasi che all’ artista interessasse solamente la rappresentazione della potenza e della corposità delle figure. Offre così, con una pittura quanto mai sensuale e naturalistica, un’impressione quasi pagana della bellezza e soprattutto della potenza nel maschio vigore dell’aspetto di S. Giovanni. La luce fa da sfondo con i suoi toni caldi, che diventa chiaroscurale nella rappresentazione delle figure degli apostoli, e luminosa, nella tonalità di un giallo intenso, intorno alla figura di Cristo, per sottolinearne la magnificenza e lo splendore.

 Se Correggio eredita tutte le esperienze rinascimentali, soprattutto attraverso la centralità della figura umana, anche con l’umanizzazione profana di quelle religiose, anticipa comunque il barocco per il senso della grandiosità ed il movimento che trasmette la sua pittura.

Giuseppe Tarditi