Rubens: analisi iconologica di Le tre Grazie

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Le tre grazie (1636-38) di Pieter Paul Rubens (1577-1640), allegre e spensierate, non hanno timore nell’ esibire le loro robuste forme, secondo un ideale di bellezza del tempo. La donna sulla sinistra è stata ispirata dalla seconda moglie di Rubens, Helene Fourment, che, l’artista ci mostra, insieme alle altre due, nella loro vitalità, serenità e sensualità.

 A differenza delle tre Grazie della Primavera del Botticelli, in cui il velo ricopre le forme e attribuisce alle tre Grazie leggiadria, nell’opera di Rubens, il delicato velo fa risaltare ancora di più la formosità delle tre Grazie, anche se la statuarietà classica in certo modo ne attenua la carica sensuale.

Nate da uno degli amori di Zeus, le tre Grazie erano vergini pure che vivevano con gli dei, assistevano ai banchetti e suscitavano allegria. Le tre Grazie erano al servizio di Afrodite, la dea dell’amore e non si annoiavano mai.
Rubens le rappresenta vicino ad una fonte, sotto una ghirlanda di fiori e con un paesaggio sullo sfondo. Le figure sono ispirate alla scultura classica, un’ispirazione visibile nell’intenzione dell’artista di riprodurre nei loro corpi la stauarietà del marmo. Il ritmo circolare e l’elegante ondulazione sono caratteristiche abituali di Rubens, che si uniscono alle forme altisonanti e ai colori caldi che egli utilizza nelle sue opere degli ultimi anni.

 La luce rende i corpi molto luminosi, in particolare, il sottile velo, che unisce le donne, è quasi trasparente grazie a delle pennellate molto chiare, che l’artista ha steso sulla superficie già dipinta.
L’ opera, Le tre Grazie, che Rubens realizzò poco dopo il suo matrimonio, evidenzia la sua felicità e la sua vitalità, che si riflettono nella sensualità dei suoi quadri di questo periodo. Il corpo femminile inoltre esprime bene la felicità materiale e l’opulenza sia di Rubens , vero imprenditore d’Arte, con la A maiuscola, che della città di Anversa di quel tempo.

Giuseppe Tarditi