“La coscienza di Zeno”: la percezione del tempo

La Coscienza di Zeno  di Italo Svevo è l’autobiografia di un ricco commerciante triestino, che, giunto alla soglia dei sessant’ anni, si volge indietro a considerare la sua vita.

Il romanzo è, infatti, in prima persona e Zeno Cosini, il protagonista, è contemporaneamente l’attore ed il narratore della storia che lo riguarda. Apprendiamo dalla Prefazione di un tale dottor S. che la presunta autobiografia è, in realtà, un atto terapeutico, essendo stata scritta come preludio ad una cura psicanalitica. Ora viene pubblicata da costui “per vendetta”, per punire il malato che si è “sottratto alla cura, truffandomi”, dice il medico, “della mia lunga, paziente analisi di queste memorie”.

Da un’analisi del romanzo emerge che esso presenta distinti piani temporali. Uno è quello dell’attualità del presente, l’ “adesso che scrivo”, come dice Zeno, nel quale si svolgono contemporaneamente la redazione delle memorie e la cura psicanalitica. L’ altro piano riguarda gli eventi rievocati, che risalgono a venticinque anni prima, dalla morte del padre alla morte del cognato Guido.

Durante questo periodo avvengono fatti importanti: la condanna testamentaria di Zeno ad una condizione di perpetua irresponsabilità sotto la  tutela dell’amministratore Olivi, il fidanzamento ed il matrimonio con Augusta, la relazione extraconiugale con Carla, l’attività nella ditta del cognato Guido, nonché il suicidio, involontario di quest’ultimo. Questi fatti occupano i capitoli centrali del romanzo, dal 4° al 7°. Tutti i capitoli sono sconnessi tra loro, in una trama frammentaria.

Il fattore tempo  ha quindi nel romanzo una grande importanza ed a buon ragione, come dice Ferroni, La Coscienza di Zeno è “un’opera sul tempo, una sottile indagine sul rapporto tra tempo della scrittura e della cura ed il tempo della vita, tra il flusso del presente, in cui la coscienza interroga se stessa ed i propri ricordi ed il flusso dell’esistenza trascorsa e perduta”.

I fatti narrati infatti non hanno una dimensione temporale cronologica oggettiva, ma hanno la dimensione temporale della coscienza, che dilata o restringe il tempo, a seconda delle ricadute affettivo-sentimentali, che le vicende narrate hanno sulla coscienza individuale.

Questo processo mentale è chiamato “stream of consciousness”, ovvero “flusso di coscienza”. Questa espressione venne utilizzata per la prima volta dal filosofo americano William James nei suoi Principi di Psicologia (1890).

Dal punto di vista letterario il “monologo interiore” è l’espressione del “flusso di coscienza”. L’ autore mediante questa tecnica “registra” il flusso di pensieri del suo personaggio senza l’interferenza tradizionale del narratore, vale a dire senza l’uso formale del discorso diretto od indiretto. Sensibile alla filosofia di Bergson, Svevo, mediante il monologo interiore, riproduce infatti il fluire caotico di pensieri e stati emotivi, creando una commistione fra passato, presente e futuro, senza rispettare l’ordine cronologico. 

Nel romanzo il “sentimento del tempo” è quindi decisamente sconvolto, perché è posto in relazione al flusso di coscienza del protagonista, al disordine, al fluttuare caotico della sua psiche. Il tempo, conclude Zeno, “non è quella cosa impensabile che non si arresta mai . Da me solo da me ritorna”. Il tempo cui si riferisce Zeno è, per Benvenuti, “quello che vive nella sua coscienza, dove il passato si confonde con il presente, dove tutto ritorna sempre uguale e diverso rispetto a ciò che è stato”.

Il tempo, perciò, non è rappresentabile come una linea retta, ma come una spirale in cui, sulla falsariga della metafora del gomitolo di Bergson, i ricordi assumono  diverse forme e creano nuove realtà, che non è possibile identificare con quelle originarie.

La memoria ripesca gli avvenimenti passati e li reintegra, muovendo dal presente, che, in continua metamorfosi, si ricostruisce dal confronto con il passato: “il tempo che passa getta ogni momento un reagente”, scrive Zeno, alla fine del Preambolo.

Eros Tarditi