Pascoli di primavera, un olio su tela, è stato dipinto da Giovanni Segantini nel 1886 e si trova nella Pinacoteca di Brera a Milano.
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Il ”punto focale”, che attira subito l’attenzione dell’osservatore, è rappresentato dalla mucca e dal suo vitello. Quest’ultimo si trova più al centro del dipinto, mentre la madre è più spostata sulla destra. La sovrapposizione dei piani con cui la scena è raffigurata favorisce la rappresentazione del dislivello del terreno ed aumenta il senso della profondità del dipinto. Distanti, su un altro piano, appaiono la baita e la donna con la carriola, mentre, sempre più verso lo sfondo è evidente sulla destra un’altra donna e poi una prima catena di monti ed infine si impongono lontane le cime di montagne innevate.
In Pascoli di primavera Segantini ha incominciato ad applicare i colori secondo la tecnica del Divisionismo. E’ una corrente artistica che proprio in quel periodo cominciò a svilupparsi in Italia e di cui Segantini divenne uno dei principali esponenti. Il procedimento pittorico del Divisionismo si basava sulla scomposizione dei colori nei colori elementari e nei loro complementari e sull’ accostamento di quest’ultimi tramite dei punti o piccoli tratti ravvicinati. E’ evidente la sua derivazione dal Puntinismo (o Neo-impressionismo) di Seurat, però il Divisionismo, grazie anche a Segantini, si differenziò sia sul piano formale, per i tratti sottili ed allungati e per i colori più luminosi, sia su quello tematico per la ricerca del vero sulla scia della scapigliatura lombarda.
La scelta della tecnica divisionista ha permesso a Segantini di conferire a questo dipinto una maggior luminosità ed anche un certo dinamismo. Prevalgono le tonalità chiare: quelle del verde tenue, intervallato da brevi pennellate di giallo- ocra e di marrone, il bianco-beige dei bovini con riflessi di toni caldi, il grigio chiaro, il bianco e l’ azzurro per le montagne innevate e per il cielo. L’unica parte scura è la facciata della baita a sinistra, che è completamente in ombra.
La scena è solo apparentemente statica, in realtà rappresenta un certo dinamismo grazie al veloce alternarsi di brevi pennellate, al movimento dei bovini, alla linea curva della donna con la carriola, che ne accentua lo sforzo, alla postura della donna in lontananza, al movimento delle nuvole verso destra ed alla discesa della nebbiolina.
La sapiente distribuzione delle figure, delle masse e dei colori conferisce al dipinto un’ armonica unità compositiva. Emerge anche un’immagine idilliaca, in quanto l’elemento umano è raffigurato in armoniosa relazione con quello animale e naturale e vive in simbiosi con essi.
Il passaggio alla tecnica divisionista coincideva per Segantini con il suo progressivo passaggio al simbolismo, per cui nelle sue opere la natura diventava sempre di più un’ allegoria di messaggi profondi. Lo stesso titolo “Pascoli di primavera” evoca il tema della primavera come momento di rinascita e di rinnovamento. E’ un soggetto a cui si collega quello della maternità, un tema, che ricorre spesso nei quadri di Segantini: basti citare Ave Maria a trasbordo del 1882, Le due madri, del 1889 e del 1899, l’Angelo della Vita del 1894 o Le cattive madri del 1896-1897.
In Pascoli di primavera, oltre al concetto di primavera come simbolo di nascita e di rinascita, è nella centralità della mucca con il suo vitellino che si concretizza il tema simbolico della maternità. Ma non solo! Il colore chiaro dei bovini può rimandare a quello delle vette innevate, quasi a significare una comune condivisione del significato universale di maternità: la montagna incontaminata fa pensare infatti al grembo terrestre inviolato, che dà la vita e protegge.
Nei quadri di Segantini il fascino del simbolo si unisce sempre con il desiderio del vero in un’unità artistica, che è riuscita a trasmettere quel senso di comunione profonda con la natura e quel senso di religiosità, che l’artista seppe conferire alle sue montagne.
Noemi Di Gioia