Il successo del gioco del calcio

Il gioco del calcio e’ quello più praticato in Italia ed anche in altri paesi di cultura neolatina, quali la Spagna, il Portogallo ed i paesi dell’America centro-meridionale.

La spiegazione di questo successo risiede in molteplici fattori. In primis il gioco del calcio e’ facilmente praticabile, basta un pallone e due oggetti che costituiscono i pali della porta, e conseguentemente è economico. Molto probabilmente è proprio questa la ragione per cui il calcio ha trovato in aree di poverta’, come il Brasile, un terreno fertile per svilupparsi. Molti giocatori brasiliani, oggi famosi e che giocano in Italia, come Rivaldo ed Adriano, hanno vissuto, infatti, in povertà da ragazzini, giocando a pallone per le strade.

Passando ad un’analisi più profonda si può asserire che il gioco del calcio, proprio perché economico e facilmente praticabile, rappresenta per costoro un’ oasi di felicità e di allegria in cui riporre tutte le proprie aspettative di emancipazione sociale e di realizzazione personale. Ecco perché il calcio brasiliano è sinonimo di gioia, di allegria, di conseguenza è un calcio avulso dai rigidi tatticismi europei ed è fonte di divertimento e di evasione dalla quotidianità. Più in generale il calcio ha attecchito in paesi di cultura neolatina per l’esigenza di esprimere in pieno tutta la creatività, l’inventiva e la fantasia che sono caratteristiche peculiari di queste popolazioni. La partita di calcio, inoltre, è una fonte di insegnamento di valori e di moralità, è una “palestra di vita”. Ripensiamo infatti ad una partita: i giocatori si lanciano per un’azione, tessono pazientemente una trama, superando continuamente degli ostacoli. Superano una prima barriera poi una seconda, infine l’azione fallisce. Devono, quindi, ricominciare da capo, senza mai dimenticare la meta, senza lasciarsi abbattere dall’ insuccesso, senza lasciare mai cadere la tensione.

E’ esattamente quello che la vita richiede ad ogni individuo. A questo riguardo mi sembra degna di nota l’affermazione del sociologo Francesco Alberoni, in “L’ ottimismo”, secondo cui la partita di calcio è “la metafora della vita. O né e una sintesi emblematica, esemplare”. Qualunque meta noi ci proponiamo dobbiamo compiere un numero enorme di azioni combinate, ricominciando ogni volta, poiché nessun risultato è definitivo: anche nella partita,se dopo un successo, un goal, ci rilassiamo, è il momento più pericoloso, perché l’avversario scatena la sua controffensiva.

Un’altra lezione morale che la partita ci insegna è la necessità di impegnarsi, sacrificarsi e, nello stesso tempo, avere un enorme autocontrollo. C’è infatti sempre addosso un avversario, un marcatore, ma non gli si può dare un calcio o una gomitata, perché l’arbitro ci squalifica. Tutti questi valori, queste regole morali, come afferma giustamente il sociologo Alberoni, “noi le apprendiamo guardando una partita…le facciamo nostre , le poniamo nella nostra azione quotidiana. Sono un esempio , un modello ideale che ci sostiene e ci guida nel difficile mestiere di vivere”. Tuttavia non c’è solo il soddisfacimento di istanze individuali; per i sociologi e gli psicologi c’è una motivazione più profonda,in quanto l’individuo ha bisogno di superare la propria individualità e di fondersi con la collettività. Nella partita , come nella vita, infatti, nessuno di noi è un giocatore isolato, ma tutti abbiamo bisogno del “passaggio giusto”, di un “assist smarcante”: nella partita il grande campione è un generoso, in quanto prepara l’azione per gli altri e li porta alla vittoria.